Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. E non sono
mai quelle che consideriamo importanti durante la vita. Non saranno i viaggi
confinati nelle vetrine delle agenzie che rimpiangeremo, e neanche una macchina
nuova, una donna o un uomo da sogno o uno stipendio migliore. No, al momento
della morte tutto diventa finalmente reale. E cinque le cose che rimpiangeremo,
le uniche reali di una vita.
La prima sarà non aver
vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli
altri. Cadrà la
maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di
farlo. Ed era la maschera creata dalla moda, dalle false attese nostre, per
curare magari il risentimento di ferite mai affrontate. La maschera di chi si
accontenta di essere amabile. Non amato.
Il secondo rimpianto sarà aver lavorato
troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla
rincorsa di qualcosa che non è mai
arrivato perché non
esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni. Vorremmo
chiedere scusa a tutti, ma non c’è più tempo.
Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità.
Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza “ti amo” a chi
avevamo accanto, “sono
fiero di te” ai
figli, “scusa” quando
avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori
incancreniti e lunghissimi silenzi.
Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo
badato a chi avevamo sempre lì, proprio
perché era
sempre lì. Eppure
il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo
avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando
la precedenza a ciò che era
urgente anziché a ciò che era
importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L’abbiamo
tollerata perché era
centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo
soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare
anche solo una telefonata e chiedere come stai.
Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici.
Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che
avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall’abitudine,
dall’accidia,
dall’egoismo,
invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece
di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua
infanzia: tesori. Quello che l’adolescente
scorge nell’addensarsi
del suo corpo: promesse. Quello che il giovane spera nell’affermarsi
della sua vita: amori.
Comments (2)
Giuseppe Bernazzani
Questi pensieri mi hanno toccato profondamente. Sono veri.
Il messaggio di fondo è: vivi intensamente il presente; sogna sempre come un bambino; lasciati trascinare dalla forza dell ‘amore.
… e vivrai meglio il trapasso.
Lio
Buongiorno Giuseppe e grazie di esserti fermato qui 🙏
Alle volte si trovano piccoli pezzi che in determinati momenti assumono un significato speciale.
Mi viene fatto di pensare che questo sia uno di quei momenti, con tutta la sensazione di provvisorio che il covid-19 porta con sé.
Forse per questo io non riesco a non vedere la parte positiva di questo orribile momento: quella in cui ci si mette a guardare dentro di sé, porsi delle domande e cercare le risposte. Risposte che spesso ci fanno cambiare strada, atteggiamento differente, visioni diverse, tutte cose che possono solo considerarsi positive.
Viviamo oggi quello che abbiamo senza stare ad aspettare quello che potrebbe arrivare nell’istante successivo: viviamo intensamente e cerchiamo di farlo in pace con tutti.
Poi … quello che arriverà lo si accetterà ☺
Spero di rivederti 👋