Quel poeta era, in poche parole, impazzito.
Oppure, e questo lo aveva affascinato ancora di più, era ormai libero dal tempo e dallo spazio, e la poesia gli consentiva di sentire il ritmo delle cose del mondo, in ogni tempo e in ogni uomo.
La libertà, la gratuità, la fiducia di quelle sere silenziose, gravide di un futuro non prestabilito, lo avevano convinto a diventare professore.
O pazzo, che è lo stesso.
Avrebbe fatto la fame, ma per fortuna c’erano le ripetizioni in nero.
Il mercato degli ignoranti è come quello dei morti: non conosce flessioni.