Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura.
Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica.
Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli.
Inghiotto in continuazione.
Altre volte è come un’ubriacatura leggera, o come quando si batte la testa e ci si sente rintronati.
Tra me e il mondo c’è una sorta di dolore invisibile.
Fatico a capire il senso di quello che mi dicono gli altri.
O forse, fatico a trovare la voglia di capire.
È così poco interessante.
Però voglio dei momenti in cui la casa è vuota.
Ma vorrei che parlassero fra loro e non me.