Se tendiamo alla felicità senza accettarne la controparte, che è la tristezza, se consideriamo la tristezza come un valore assolutamente negativo, come fosse una malattia, ci riduciamo a vivere una vita a metà, perché ci priviamo di una parte che invece è essenziale dell’esistenza.
[…] Questa ossessione contemporanea per la felicità genera dei nevrotici insicuri che passano il tempo a chiedersi, Sono davvero felice? Quanto lo sono? Posso esserlo di più? Alla fine, genera gente infelice.