È il limite di quel che ci accade e non viene registrato o che, peggio ancora, neppure sappiamo, vediamo o sentiamo, poiché in seguito non c’è modo di recuperarlo.
Il giorno che non abbiamo trascorso insieme resterà tale per sempre, e ciò che ci avrebbero detto al telefono quella volta che non abbiamo risposto non verrà mai più detto, non la stessa cosa e non con lo stesso spirito; e tutto sarà leggermente o del tutto diverso per la nostra incapacità di osare che ci ha spinto a non parlare.
Ma anche se quel giorno siamo stati insieme, o eravamo in casa quando ci hanno telefonato, o abbiamo osato parlare vincendo il timore e ignorando il rischio, anche così, niente di tutto questo tornerà a ripetersi, e dunque arriverà un momento in cui essere stati insieme sarà come non esserlo stati, aver risposto al telefono sarà come non averlo fatto, e aver osato parlare come aver taciuto.
Persino le cose più indelebili hanno una durata, al pari di quelle che non lasciano traccia o che neppure accadono, e se siamo previdenti e ne prendiamo nota, le registriamo o le filmiamo, circondandoci di promemoria e tentando persino di sostituire l’accaduto con la sua mera conferma, l’annotazione e l’archiviazione – in modo tale che ciò che di fatto accade altro non è che il nostro annotare, registrare, filmare e nulla più – anche in questa perenne messa a punto della ripetizione finiremmo col lasciarci sfuggire il tempo in cui le cose realmente accadono (benché sia il tempo dell’annotazione); e mentre tentiamo di rivivere ogni cosa, di riprodurla, di farla ritornare e di impedire che passi, un altro tempo starà trascorrendo, e in questo tempo è certo che non staremo con nessuno, non risponderemo ad alcun telefono, non oseremo fare alcunché, né saremo in grado di evitare nessuna morte o nessun crimine (per quanto neppure commetteremo o provocheremo niente del genere), poiché lo lasceremo trascorrere come se non ci appartenesse, nel nostro insano tentativo di non far finire bensì di far tornare quanto ormai è passato.