«Ama il prossimo tuo come te stesso.»
È una frase che tutti conoscono.
Eppure nessuno, o quasi, insiste sufficientemente sulla seconda parte.
Come te stesso.
Bisognerebbe scriverla alla lavagna.
In maiuscolo.
E allora decido di farlo con i miei studenti, anche solo per vedere cosa succede.
«Qual è la parola chiave secondo voi?»
«Ama.»
«Siete proprio sicuri?»
«Prossimo.»
«Guardate che non è un gioco. Riflettete un attimo prima di rispondere!»
Ma è troppo difficile riflettere quando per anni la si è sentita ripetere a pappagallo, sempre con quest’idea insopportabile che bisogna smetterla di essere egoisti per amare anche il prossimo.
È troppo difficile quando per capire quello che vuol dire una frase si deve cominciare dal «come», una parola apparentemente tanto banale.
Eppure è sempre lì che nasce la relazione.
E soffermarsi su ogni termine.
«Perché non si tratta tanto di amare il prossimo, ma di amarlo come se stessi.
Ecco il vero problema! Perché la cosa più difficile è amare se stessi.
Non è proprio perché non ci si ama, che si spera di incontrare un giorno colui o colei che ci amerà veramente?»
Amare per non dover più sopportare il peso dell’assenza.
Amare per sentirsi vivere.
Amare per riempirsi dell’altro…