Ma nel medesimo tempo sapevo che quei personaggi non potevano essere un frutto della mia fantasia perché li sentivo dentro di me, condensati nel mosaico di persone che da un lontano giorno d’estate costituivano il mio Io, e portati dai
cromosomi che avevo ricevuto dai due giovani forti e belli e spavaldi.
Le particelle d’un seme non sono forse identiche alle particelle del seme precedente?
Non ricorrono forse di generazione in generazione, perpetuandosi?
Nascere non è forse un eterno ricominciamento e ciascuno di noi il prodotto d’un programma fissato prima che incominciassimo, il figlio d’una miriade di genitori?