E spero che le mie braccia conserte, la testa alta, quello sguardo che così spesso vorrei cancellarmi dal viso, non ti abbiano fatta soffrire.
Spero di essere una mamma e non solo madre, che pensi a me con il vocabolo che usano i figli – mamma – e non con la fredda locuzione che indica soltanto di aver concesso al mondo una vita.
E vorrei che, cresciuta, potessi concederti quello che non ho mai saputo dare a me stessa.
La possibilità di abbandonare la gabbia, di ignorare le regole e il perbenismo, di essere Irene per come sapevo di essere, per come sono ancora.
Mi piacerebbe che fossi in grado di scoprire il limite senza assaporare il pericolo, che riuscissi a sentirti libera senza avvicinarti alla paura, che fossi sfrontata e non arrogante, sicura ma non irraggiungibile.
Che seguissi i tuoi dubbi e analizzassi le certezze, che riuscissi a non perderti, immaginando la vita che desideri.
Non vorrei che fossi me.
Non voglio che tu sia la donna che non sono stata.