Il Potere ha deciso che siamo tutti uguali.
L’ansia del consumo è un’ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato.
Ognuno in Italia sente l’ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell’essere felice, nell’essere libero: perché questo è l’ordine che egli ha incosciamente ricevuto, e a cui “deve” obbedire, a patto di sentirsi diverso.
Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza.
L’uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una “falsa” uguaglianza ricevuta in regalo.
Una delle caratteristiche principali di questa uguaglianza dell’esprimersi vivendo, oltre alla fossilizzazione del linguaggio verbale, è la tristezza: l’allegria è sempre esagerata, ostentata, aggressiva, offensiva.
La tristezza fisica di cui parlo è profondamente nevrotica.
Essa dipende da una frustrazione sociale.
Ora che il modello sociale da realizzare non è più quello della propria classe, ma imposto dal potere, molti non sono appunto in grado di realizzarlo.
E ciò li umilia orrendamente…
Non è la felicità che conta?
Non è per la felicità che si fa la rivoluzione?
Oggi , questa felicità – con lo Sviluppo- è andata perduta.
Ciò significa che lo Sviluppo non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è riformista.
Esso non dà che angoscia.