Il grande progresso materiale non è andato di pari passo col nostro progresso spirituale.
Anzi: forse da questo punto di vista l’uomo non è mai stato tanto povero da quando è diventato così ricco.
Da qui l’idea che l’uomo, coscientemente, inverta questa tendenza e riprenda il controllo di quello straordinario strumento che è la sua mente.
Quella mente, finora impegnata prevalentemente a conoscere e ad impossessarsi del mondo esterno, come se quello fosse la sola fonte della nostra sfuggente felicità, dovrebbe rivolgersi anche all’esplorazione del mondo interno, alla conoscenza di sé.
Idee assurde di qualche fachiro seduto su un letto di chiodi? Per niente.
Queste sono idee che, in una forma o in un’altra, con linguaggi diversi, circolano da qualche tempo nel mondo.
Circolano nel mondo occidentale, dove il sistema contro cui queste idee teoricamente si rivolgono le ha già riassorbite, facendone i “prodotti” di un già vastissimo mercato “alternativo” che va dai corsi di yoga a quelli di meditazione, dall’aromaterapia alle “vacanze spirituali” per tutti i frustrati della corsa dietro ai conigli di plastica della felicità materiale.
Queste idee circolano nel mondo islamico, dilaniato fra tradizione e modernità, dove si riscopre il significato originario di jihad, che non è solo la guerra santa contro il nemico esterno, ma innanzitutto la guerra santa interiore contro gli istinti e le passioni più basse dell’uomo.
Per cui non è detto che uno sviluppo umano verso l’alto sia impossibile.
Si tratta di non continuare incoscientemente nella direzione in cui siamo al momento.
Questa direzione è folle, come è folle la guerra di Osama bin laden e quella di George W. Bush.
Tutti e due citano Dio, ma con questo non rendono più divini i loro massacri.
Allora fermiamoci.
Immaginiamoci il nostro momento di ora dalla prospettiva dei nostri pronipoti.
Guardiamo all’oggi dal punto di vista del domani per non doverci rammaricare poi d’aver perso una buona occasione.