Un cantiere navale in mezzo ai boschi,
un carpentiere si fa il transatlantico da solo:
ne succedevano di grandiose, a quel tempo.
Abbatte una foresta, sfronda, sega, pialla, connette
l’enorme bastimento.
Lunghezza metri 130 (più di un campo di calcio).
Larghezza metri 22 (l’Andrea Doria era di 27).
Altezza metri 13 (casa di 4 piani).
A forma di canestro,
non ha poppa né prua, non ha timone.
E’ previdente, fa la catramatura
prima dall’interno. Se inverte, è asfissiato
nel legno sigillato dall’esterno.
Ha tre figli, ma nessuno l’aiuta.
Nessun altro sarà mai tanto stralunato in mezzo ai suoi.
La storia sacra è antologia di abbrustoliti
dall’ascolto di una voce in fiamme,
singoli scervellati a contrappeso di masse strafottenti.
Ecco pronta la nave in mezzo ai monti,
al villaggio ora temono il ridicolo,
diventare zimbello delle genti,
“quelli del bastimento in mezzo ai monti”.
Si chiude il cielo e arrivano le coppie all’uscio del battello,
femmina e maschio, cuccioli nessuno.
Non occorre l’invito, loro sanno l’orario di partenza.
Terminato l’imbarco il carpentiere
guarda la terra e le dice l’addio di un marinaio.
E’ il finimondo, che è già capitato.
Si uniscono le acque sopra e sotto,
le dolci e le salmastre,
salgono a cancellare il suolo.
Galleggiano un’annata, poi l’attracco
sulla cime dell’Ararat Maggiore,
duecento metri più in su del Monte Bianco.
Il carpentiere sbarca sulla terra riemersa
e dà le dimissioni
unico del barcone a non voler aggiungere
altre nascite al mondo seguente.
La missione è compiuta, è stato il salvagente.
L’ultima mossa è un dono a tutti noi,
la prima vigna, la prima torchiatura
che i Greci chiameranno: rugiada della vite.
Inaugura la nascita del vino,
dell’ubriachezza, maldimare in terra.
Da “Bizzarrie della provvidenza”