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Erri De Luca Racconto di uno

Da giorni prima di vederlo il mare era un odore,
un sudore salato, ognuno immaginava di che forma.

Sarà una mezza luna coricata, sarà come il tappeto di preghiera,
sarà come i capelli di mia madre.

Cos’era invece? Un orlo arrotolato sulla fine dell’Africa,
gli occhi pizzicati da specchietti, lacrime di accoglienza.

Beviamo sulla spiaggia il té dei berberi,
cuciniamo le uova rubate a uccelli bianchi.

Pescatori ci offrono pesci luminosi,
succhiamo la polpa da scheletri di spine trasparenti.

L’anziano accanto al fuoco tratta con i mercanti
il prezzo per salire sul mare di nessuno.

La barca è una sella più comoda di una cavalcatura,
il mare è un movimento di cammello.

Per abbondanza vomitiamo i pesci,
dal corpo un’onda di restituzione.

Il marinaio è armato, ha paura di noi usciti dal deserto,
fa mosse di minaccia, le donne si difendono le orecchie.

Sono in due, stanno larghi, ci tengono a distanza,
tre metri vuoti e noi stretti davanti.

Hanno ammazzato già, si sente dalla puzza di paura,
di notte è più forte l’odore degli assassini.

Non c’è spazio di stendersi, appoggiati di spalla
piove senza riparo, stringiamo la lana dei mantelli.

Notte di pazienza, il mare viaggia verso di noi,
all’alba l’orizzonte affonda nella tasca delle onde.

Nel mucchio nostro con le donne in mezzo
un bambino muore in braccio alla madre.

Sia la migliore sorte, una fine da grembo,
lo calano alle onde, un canto a bassa voce.

Ti mare avvolge in un rotolo di schiuma
la foglia caduta dall’albero degli uomini.

[…]

Da “Solo andata”

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