Dolce mia, di che profumi,
di che frutto,
di che stella, di che foglia?
Vicino
al tuo piccolo orecchio
o sulla tua fronte
mi chino,
affondo
il naso tra i tuoi capelli
e il sorriso
cercando, conoscendo
la natura del tuo aroma.
È dolce, ma
non è fiore, non è coltellata
di garofano penetrante
o impetuoso aroma
di violenti
gelsomini:
è qualcosa, è terra,
è
aria,
legni o mele,
odore
della luce sulla pelle,
aroma
della foglia
dell’albero
della vita
con polvere
di strada
e freschezza
di ombra mattutina
nelle radici:
odore di pietra e di fiume,
ma
più vicino
a un pesco,
al tiepido
palpito segreto
del sangue,
odore
di casa pura
e di cascata,
fragranza
di colomba
e di chioma,
aroma
della mia mano
che percorse la luna
del tuo corpo,
le stelle
della tua pelle stellata,
l’oro,
il frumento,
il pane del tuo contatto,
e lì
nell’estensione
della tua luce pazza,
nella tua circonferenza d’anfora,
nella coppa,
negli occhi dei tuoi seni,
tra le tue ampie palpebre
e la tua bocca di schiuma,
in tutto
lasciò,
lasciò la mia mano
odore d’inchiostro e di selva,
sangue e frutti perduti,
fragranza
di pianeti dimenticati,
di pure
carte vegetali:
lì
il mio corpo
sommerso
nella freschezza del tuo amore, amata,
come in una sorgente
o nel suono
d’un campanile,
in alto
tra l’odore del cielo
e il volo
dell’ultimo uccello,
amore,
odore, parola
della tua pelle, dell’idioma,
della notte nella tua notte,
del giorno nel tuo sguardo.
Dal tuo cuore
sale
il tuo aroma
come dalla terra
la luce fino alla cima del ciliegio:
nella tua pelle io trattengo
il tuo palpito
e fiuto
l’onda di luce che sale,
il frutto sommerso
nella sua fragranza,
la notte che respiri,
il sangue che percorre
la tua bellezza
fino a giungere al bacio
che mi attende
sulla tua bocca.